Parliamo di una notizia che è stata riportata su vari giornali di vari paesi europei e anche dell’Italia e cioè la presunta esistenza di posti di polizia cinese in stati esteri, tra cui anche l’Italia e in particolare a Prato.
Si trattava in realtà di un’associazione, quella del Fujian, che offriva la possibilità di un collegamento video via internet per il disbrigo di alcune pratiche burocratiche, tra cui quella della patente.
Il motivo di tanto allarme era dovuto a una foto dei responsabili di tale associazione che li raffigurava seduti sotto un logo in cui compariva una scritta in cinese e inglese 福州警侨事务海外服务站 Fuzhou Police Overseas Station.
Nei vari articoli si paventava la presenza fisica di poliziotti cinesi che avrebbero scopi meno innocenti, rispetto a quelli dichiarati di fornire servizi amministrativi.
In questi ultimi giorni la polemica ha ripreso vita a fronte di un report di una ONG spagnola che sostiene che lo scopo di questo network, incoraggiato dalla polizia cinese, è in realtà quello di perseguire anche all’estero cittadini cinesi colpevoli di frodi telematiche all’estero e che potrebbe anche essere il braccio operativo per raccogliere informazioni sui dissidenti cinesi all’estero.
Al di là delle analisi riportate da varie testate giornalistiche che seguono la linea editoriale del China bashing, mi sono confrontato su questo argomento con alcuni sinologi che vedono questo fenomeno con allarme e ho pensato che sarebbe interessante riportare anche su questo blog queste discussioni.
Partirò dal mio punto di vista, sperando che gli altri seguano sui commenti o su un post separato.
- Non si tratta di un posto di polizia e non ci sono poliziotti cinesi sul territorio italiano, ma si tratta di volontari dell’associazione che forniscono un collegamento video, via internet, a vari uffici amministrativi
- I servizi che vengono dati sono utili e sono stati pensati per risolvere alcune difficoltà date dalla emergenza pandemica, che rende i viaggi di ritorno in Cina molto complicati
- Ritenere i responsabili delle varie associazioni delle potenziali spie è una preoccupazione infondata in quanto sono persono che hanno poco accesso alla vita politica e istituzionale italiana
- Le associazioni cinesi non sono generalmente finanziate dal governo cinese, in qualche caso le associazioni ne ricavano un riconoscimento in inviti a eventi di particolare importanza in Cina
- I dissidenti cinesi preferiscono emigrare in altri paesi, come gli USA o la GB, dove esistono organizzazioni politiche che possono offrire assistenza anche economica
- E’ molto preoccupante anche la strumentalizzazione politica che si fa di queste notizie che poi hanno, come ricaduta, la crescita della sinofobia e di episodi di intolleranza nei confronti di cittadini di origine cinese
- A seguito delle polemiche questi servizi sono stati sospesi e questo causa un disservizio a molte persone, oltre a diventare disincentivare la partecipazione delle associazioni cinesi alle cause sociali
Spero che le animate discussioni via chat sull’argomento proseguano anche su questo
blog
Marco Wong è nato a Bologna, da una famiglia originaria della Cina. I nonni materni erano emigrati sul finire degli anni cinquanta in Europa, aprendo un laboratorio di pelletteria.
Scrittore e ingegnere.
Attualmente vive a Roma ed è presidente onorario di Associna (Associazione dei cinesi di seconda generazione). Dal 2019 è consigliere comunale a Prato.
Facebook: https://www.facebook.com/marcowongitaly
Non mi sono occupata della cosa per cui è solo un’opinione: non sarebbe meglio mantenere questi servizi nelle sedi consolari, onde evitare le problematiche di China bashing che lei elenca?
Secondo me sì, quando ne avrò l’occasione lo suggerirò alle autorità consolari
Grazie mille Marco di questa analisi rapida e lucida, che contrasta la narrativa dell’ineffabile Milone https://www.lanazione.it/prato/cronaca/e-una-presenza-del-tutto-illegale-basta-tacere-1.8225305
Suggerisco di distinguere tra “posti dove si effettuano servizi per i sino-italiani” e “posti di polizia per intercettare i rei di frode telematica”.
Seguendo la discussione circa i centri “di polizia del Fujian” su suolo italiano, ho visto fare capolino spesso la posizione minimizzante “fanno un servizio utile, che problema c’è? anzi, menomale che ci sono”. Però occhio che la comodità di un servizio non è un parametro per decretarne la sua correttezza! In base alla Convenzione di Vienna, sottoscritta anche dalla Cina, i servizi diplomatici devono essere offerti da ambasciate e consolati riconosciuti dai governi ospitanti. È vero che certi servizi anagrafici in Cina sono svolti dalla questura e dai commissariati 公安局, quindi se un Cinese in Italia ha domande tipo “dove rinnovo la patente? dove rifaccio la carta d’identità?” (l’equivalente di servizi offerti dall’AIRE agli Italiani all’estero), tecnicamente servirebbe un “avamposto” della questura cinese in Italia – ma potrebbe benissimo essere (anzi dovrebbe essere) DENTRO l’Ambasciata.
Tuttavia, fintantoché questi centri danno servizi per i Cinesi residenti in Italia, non ci vedo un problema su cui scatenare un putiferio. Tanto più se questi “centri” rispondono alla descrizione di Marco Wong. Il rischio a mio avviso è di fare di ogni erba un fascio, e di appiattire in una sola realtà centro servizi e azione di polizia; ma è un rischio sia di chi attacca la Cina a priori (il China bashing) sia di chi si trova a difenderla. E cioè, per me il problema è l’azione di polizia su suolo non cinese. Blanda o indiretta che sia, è inaccettabile e non va minimizzata. Il ministero cinese degli Esteri si è messo sulla difensiva: ha affermato che le stazioni di polizia incriminate sono in linea con il diritto internazionale. Tuttavia esiste un trattato di estradizione tra Italia e Cina,
https://www.altalex.com/documents/news/2015/10/12/trattato-di-estradizione-tra-la-repubblica-italiana-e-la-repubblica-popolare-cinese
Se la Cina desidera che un ricercato cinese rientri in Cina, si deve affidare alla polizia italiana, non può venire a prenderselo in Italia, applicando qualsivoglia soft suasion.
Uno dei punti che basterebbe chiarire è: il personale di questi centri è composto da poliziotti? Quando dico “questi centri”, mi riferisco non solo a quelli noti ai sinoitaliani, ma a quelli indicati dal report della ONG spagnola Safeguard. Per chi ha poco tempo, il riassunto del report è qui:
https://safeguarddefenders.com/en/blog/230000-policing-expands
il report completo è invece scaricabile qui in pdf:
https://safeguarddefenders.com/sites/default/files/pdf/110%20Overseas%20%284%29.pdf
Lancio una proposta: se il servizio offerto da questi centri è solo del genere “innocuo” del rinnovo patente, ma non sarebbero più furbi a chiamarsi “centro servizi”, e non “福州警侨事务海外服务站 Fuzhou Police Overseas Station”? Un Money Transfer che manda soldi in Romania mica si fa chiamare “Banca Centrale di Bucharest”. Alla fin fine, la maniera migliore di iniziare a disinnescare il China bashing potrebbe essere dare ragione su alcuni punti, se questa ragione c’è. Che ne pensate?
sarebbe stato più corretto e opportuno che questi centri fossero stati denominati come anonimi centri di servizi, ma il collegamento a una forte istituzione cinese è spesso la motivazione che porta tali associazioni a prestare a titolo volontario la loro opera. Conoscendo alcune associazioni cinesi di altri paesi europei so che i meccanismi non sono molto diversi (a parte la GB e pochi altri) e veramente escluderei che le autorità cinesi contino su di loro per attività di contrasto alla crminalità cinese o di repressione di dissidenti. Così come escludo che tali associazioni siano finanziate (a parte le associazioni culturali che ricevono materiale come libri e la possibilità di gestire le iscrizioni ai campi scuola estivi per i ragazzi) dal governo cinese, anzi, molto spesso la vicinanza alle istituzioni cinesi comporta degli oneri, in occasione delle visite di delegazioni.
Ho usato per rinnovare la mia carta dell’identità cinese, è stato molto complicato, avevo tutte le carte cinesi bloccate, nessun alipay wechatpay funzionavano, mia mamma andava con alcuni funzionari dell’ufficio anagrafe della polizia diverse volte e non mi volevano rinnovare, il servizio non funzionava bene (perché era un servizio specifico per il covid, quindi accettano più per chi ha il visto, quindi prima di COVID uno deve per forza tornare in Cina per rinnovare). Poi ho lasciato un messaggio su questa situazione tramite questo progetto Haiwai 110 su wechat, mi hanno sbloccato subito. Era il primo mese che hanno lanciato il progetto.
poi di Fuzhou ci sono tantissimi in America, come la prima città che ha lanciato il progetto con il nome specifico di Haiwai 110 non è per caso secondo me
In questo modo cogli strumenti digitali lo stato cinese riesce in qualche modo a saltare altre autorità per aggiungere la sua diaspora in modo più diretta, Secondo me questo progetto forse serve anche alla prevenzione di spostamenti di denaro verso all’estero oppure crimini economici tra i cinesi.
Questi nuovi strumenti forse è un aggiornamento “normale” per i cinesi in Cina dopo COVID, quindi lo stato cinese vuole che la diaspora è “aggiornata”.