Cina in Africa raccontata per immagini

Mi occupo di Cina in Africa da anni, da quando una dozzina di anni fa preparavo il primo corso su China in Africa che avrei tenuto all’Università di Vienna.

In questi anni sono stata una lettrice accanita, attenta e analitica, che ha cercato di stare al passo con la marea montante nel mondo (ma non in Italia) di studiose/i che emergevano e di articoli, libri e video su Cina in Africa che comparivano. 

La difficoltà maggiore che ho incontrato in questi anni è stata quella di districarmi nella polarizzazione di posizioni e commenti che venivano offerti su ognuno dei sottotemi: la Cina è in Africa per portarsi via le materie prime africane? La Cina è in Africa per portare sviluppo? È in Africa per sneaking away il continente africano (come mostra la vignetta di un cartoonist ghanese che rappresenta Xi Jinping che se la svigna con sottobraccio una nera Africa mentre capi di stato africani, malati e litigiosi, danno vita a una futile diatriba sulle ricette)? La Cina è in Africa per portare lavoro? Quello cinese è neocolonialismo? La Cina è in Africa per portare progetti vantaggiosi per le due parti (la famosa win-win cooperation)?

Ad ogni nuovo articolo, nuova foto, nuovo video dovevo cercare di capire dove si collocava chi scriveva/filmava/fotografava per capire cosa volesse vendermi. È chiaro che questo è un esercizio che deve fare chiunque e a maggior ragione lo deve sempre fare chi di lavoro fa la/lo studiosa/o. Ma nel caso della Cina in Africa le polarizzazioni a favore della Cina o a favore del cosiddetto ‘Occidente’ in questi anni hanno finito per offuscare più che facilitare la comprensione di cosa succeda in quei pezzi di mondo in questo periodo storico.

Provate ad esempio a guardare con attenzione questa serie di foto, che si possono scaricare da internet:

C’è un evidente filo conduttore che le lega. In tutte il ‘cinese’ è in primo piano e ‘gli africani’ sono sullo sfondo; e il focus è su ‘il cinese’ anche nella foto in cui ‘il cinese’, con orologio lussuoso al polso e occhiali scuri, non è in primo piano. In tutte le foto ‘i cinesi’ danno gli ordini, o sono comunque i capi. ‘Il cinese’ porta le scarpe, ‘l’africano’ è a piedi scalzi sul luogo di lavoro. ‘Il cinese’ sta al telefono a gambe larghe, ‘l’africano’ rigido e armato gli regge l’ombrello. E guarda quello sul trampolino della sua piscina com’ è soddifatto di sè!

Asimmetria e gerarchia. Quali foto potrebbero evocare meglio di queste la perfetta immagine dei neo-colonialisti cinesi?

Ah, e by the way sono tutti maschi.

Ma guardate ora questa altra serie di foto:

Qui tutti sono sorridenti, non ci sono gerarchie evidenti, non ci sono capi, non c’è soggezione. I lavoratori si abbracciano, formano un cerchio di solidarietà, amicizia e sostegno reciproco. Il titolo potrebbe essere ‘lavoratori di tutto il mondo unitevi! Non avete nulla da perdere se non le vostre catene (全世界无产者,联合起来!除了你的锁链,你没有什么可以松开的!). O forse, e meglio: Famiglia barilla. E poi i cinesi addirittura insegnano la lingua cinese agli africani, che bello, ‘buongiorno Cina, siamo amici’!

Qui però consiglierei a chi ha scattato questa foto e a chi l’ha fatta girare di andarsi a leggere quello che il famosissimo sociologo, Pierre Bourdieu, dice a proposito della lingua: ‘la lingua non è solo uno strumento di comunicazione o di conoscenza, è anche uno strumento di potere’. Mi chiedevo infatti perché, visto che il setting della foto è un paese africano, non siano ‘gli africani’ a insegnare la propria lingua – o la lingua degli ex colonizzatori – ai ‘cinesi’ (e vi consiglio di leggere questo articolo https://www.ledijournals.com/ojs/index.php/antropologia/article/view/2090 ).

Ah, e by the way sono tutti maschi anche qui.

La prima serie di foto è fatta da fotografi francesi. Tenete presente che la Francia non ha certo nulla da guadagnare dalla presenza cinese in Africa e che con molti paesi africani la Francia continua a intrattenere relazioni che vengono definite Franceafrique per indicare come le relazioni di tipo coloniale si siano attenuate/camuffate ma non siano scomparse. 
La seconda serie di foto è fatta evidentemente da chi sostiene la Cina e ha tutto da guadagnare da una immagine iperpositiva della Cina in Africa.

Ecco, questo è un esempio visuale, e quindi più immediato delle parole, che fa capire in che ginepraio ci si mette quando si cerca di capire cosa succeda tra cinesi e africani in Africa.

PS: In questo post abbiamo fatto una cavalcata di immagini altamente ideologizzate e contrapposte di Cina in Africa. Nel prossimo post vi parlerò di alcune cose che ho scoperto solo recentemente su lavoro cinese e lavoro africano in Africa – il tema che sto studiando in quest’ultimo anno.


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12 commenti su “Cina in Africa raccontata per immagini”

    1. Antonella Ceccagno

      grazie Donatella, in realta’ ci vorrebbero molte parole per spiegare, io stessa su Cina in Africa continuo a fare molta fatica per capire poco, ma c’ero gia’ abituata quando cercavo di capire la Cina in Cina ….

  1. Nel mio breve periodo in Cina, dal 2017 al 2018, ho avuto occasione di andare al cinema a vedere un film che veniva largamente promosso: Wolf Warrior II.
    Mi è tornato in mente leggendo questo articolo in quanto il film era ambientato in Africa, dove il protagonista, agente delle forze speciali “letali” cinesi, salvava i civili da una guerra tra contrabbandieri.
    Riporto di seguito la descrizione della trama in breve che si trova su internet: “China’s deadliest special forces operative settles into a quiet life on the sea, but when sadistic mercenaries begin targeting nearby civilians, he must leave his newfound peace behind and return to his duties as a soldier and protector”.
    La narrazione era quella di un paese Africano in mano a criminali e trafficanti d’armi e la Cina (come entità, rappresentata dall’eroe) salvava la situazione. La mia personale impressione, da ragazza occidentale, è stata quella di aver visto un manifesto di propaganda di 1h e 20 .

    1. Antonella Ceccagno

      grazie per il commento, Emerenziana, si e’ molto parlato di questo film come del manifesto del nuovo attivismo militare cinese e come narrazione di una Cina salvifica per l’Africa. E poi i diplomatici cinesi che sono intervenuti pesantemente sui media occidentali durante la pandemia sono stati definiti ‘wolf warriors’ proprio a partire da questo film. Che io pero’ non ho visto, purtroppo

  2. sulla Cina in Africa ho avuto modo di vedere indirettamente alcune differenze tra l’approccio europeo e quello cinese. Quando lavoravo in una multinazionale cinese delle apparecchiature di telecomunicazione ho visto che nel centro di training per i tecnici dei clienti, c’era uno spazio dedicato alla preghiera per i musulmani, soprattutto africani, con le varie accortezze tipo le indicazioni per la direzione verso la Mecca. Non ho visto questo nelle strutture analoghe dei competitor europei. Sempre da quelle esperienze lavorative, so che nella strategia di quella azienda il mercato africano era considerato con una certa importanza e degli sviluppi venivano fatti per le esigenze specifiche di quella clientela, attenzione facilitata certamente dal fatto di essere una azienda nuova e con meno legacy, ovvero senza dover mantenere e integrare tecnologie vecchie, ma comunque un approccio diverso dai competitor occidentali. Molte aziende europee, per andare incontro a una minore capacità di spesa degli operatori africani, offrivano spesso tecnologie vecchie, talvolta apparecchiature vecchie rigenerate e ricondizionate, mentre quelle cinesi offrivano comunque le loro ultime generazioni (i detrattori potrebbero giustamente obbiettare che questo è perché, avendo una storia più recente, non hanno tanti magazzini da svuotare). La win-win strategy che la Cina dichiara di perseguire ha sicuramente degli elementi di propaganda, ma è sicuramente diversa dall’approccio di tante nazioni occidentali e potenzialmente più consono alle esigenze dei vari paesi africani.

    1. sono d’accordo con te, Marco, ci sono attenzioni importantissime da parte delle imprese cinesi nei confronti dei mercati africani. Ad esempio il telefonino elementare, a costo bassissimo, accessibile anche a chi ha un reddito basso (stiamo sempre parlando di mercato, eh, non di regalini).
      Il punto cruciale pero’ e’ che la Cina in Africa (e nel mondo) sta portando un capitalismo di stato, che sembra in grado di limitare il capitalismo di mercato. E ho il sospetto che il lavoro cinese nelle imprese cinesi in Africa si capisca proprio (e solo) all’interno di un’analisi della cosiddetta ‘neoglobalizzazione’ cioe’ il capitalismo di stato che investe nel mondo e avanza …. E’ quello che sto studiando e mi piacerebbe discuterlo su NAOblog, anche se ho un po’ di paura che l’argomento non sia dei piu’ gettonati in questo momento storico.

  3. Francesco Mayo D'Aversa

    Molto interessante e chiarissimo.
    Propongo un paio di spunti ulteriori per l’analisi delle due serie di foto.
    Nelle prime immagini c’è sempre un solo uomo cinese, ben eretto (addirittura con camicia aperta e posa da ‘macho’), posizionato al centro o nel punto di fuga prospettico. L’espressione del volto (sguardo, bocca, mento) sempre decisa e sicura o (come nella foto sul trampolino-piedistallo) soddisfatta della sua conquista (casa con piscina + lavorante di colore = status). Fatta eccezione per la quarta foto, la linea degli occhi dell’uomo cinese è sempre più alta rispetto a quelle delle altre figure.
    La seconda serie ribalta tutto quanto: gruppi di personaggi di etnia mista, tutti in tenuta da lavoro (ma pare che gli africani non possano permettersi la camicia), disposizione circolare, sorrisi, contatto fisico, condivisione culturale… integrazione!
    Non sarà un caso. Stessa macchina fotografica, pubblici diversi.
    Una postilla: la totale assenza di donne, a mio parere, si spiega velocemente. Chi tra i ‘creators’ avesse proposto un po’ di ‘gender equity’ si sarebbe probabilmente sentito rispondere: “Come on, Sir… one lie at a time.”

    1. Antonella Ceccagno

      wow! questa si’ che e’ un’analisi approfondita, Francesco.
      Per l’assenza di donne: va detto che la maggior parte delle foto ritrae lavoratori nel settore delle costruzioni, dove le donne sono una minoranze, e spesso impiegate come interpreti, accountants, o anche ingegneri ma non come lavoratori manuali.

  4. ci vorrebbero due ore di discussione su zoom con registrazione per esaurire un minimo l’argomento? finalmente ho riletto il tuo articolo Anto e i feedback mi esplodono letteralmente in testa. In quanto “porno watcher” gay ho sempre trovato super eccitante il nero che sovrasta il bianco che sovrasta il giallo per dimensioni e potenza. Peccato scoprire poi che quell’attaccamento al membro è del tutto espressione del potere sessista e fallocentrico, e quindi che nella vita reale mi si ritorce contro. Fugato il campo dall’argomento sull’oggettivazione sessuale di tutta una parte della popolazione nera, ho apprezzato il tuo articolo per lo SBUGIARDAMENTO. Fondamentalmente confuti le tesi propagandistiche pro Cina rispetto agli interventi cinesi in Africa a tutto tondo, analizzando efficacemente i messaggi subliminali dietro le immagini. Ciò che mi chiedo è se nella tua ricerca tu abbia trovato utile e difendibile ( eventualmente) qualche posizione cinese in Africa. Te la faccio più semplice: cosa ha fatto secondo te di buono la Cina in Africa? Perché se vogliamo davvero evitare la polarizzazione, dovremmo unire posizioni estreme inanzittutto dentro di noi, analizzando tutta la mappatura dell’intero discorso. Altrimenti, ciò che io leggo dal tuo articolo, permettimi la banalizzazione, è l’essere dietro le righe: contro, tout court. Detto questo, sarebbe più che legittima una tua posizione polarizzata ed estrema. Chi sono io per giudicarlo? E magari non ho capito proprio niente dell’articolo. Meglio che torno a guardare il mio animale dentro di me, razzista e misogino, che disprezza donne e neri e bianchi e si sente questa superpotenza cinese finalmente con la testa alta…ok, una motivazione in più per riprendere a meditare. Buona ricerca, è così preziosa! E non vedo l’ora di leggere il prossimo post sul lavoro. ( ps: dovresti anche scrivere di quel film sul Buddhismo cinese in africa che mi avevi fatto vedere. Impressionantemente scomodo! https://www.visionidalmondo.it/in-anteprima-al-5-festival-internazionale-del-documentario-visioni-dal-mondo-immagini-dalla-realta-buddha-in-africa-di-nicole-schafer-in-programma-sabato-14-settembre-auditorium-museo-na/ )

  5. eh si, Shi Yang Shi, credo che il punto sia proprio quello dell’orgoglio, orgoglio di vedere la Cina alzare la testa, finalmente, e diventare una superpotenza. Credo che questo sentimento abbia un peso importante per un certo numero di sinodiscendenti. Quando facevo le interviste a persone di background cinese durante la pandemia, alcuni mi hanno detto di essere orgogliosi della potenza cinese, della superpotenza cinese, anche nel suo essere modello di lotta alla pandemia per il mondo (all’epoca … ).
    Erano cosi’ ammirati da pensare che anche il modello politico cinese, e non solo quello economico, sia il migliore al mondo.
    Per rispondere alla tua domanda: ma la Cina avra’ ben fatto qualcosa di cui andare fieri, la risposta non e’ facile. Nell’ultimi quindici anni la Cina ha costruito infrastrutture in buona parte dell’Africa, e c’era un bisogno enorme e vitale di infrastrutture. Ha portato internet in posti remoti dell’Africa. Quindi si’ ha fatto cose positive. Il punto e’ capire quanto questo costi agli africani. Il punto e’ chiedersi perche’ la Cina fa queste cose, come dicevo nel mio commento al commento di Marco …
    Ah, e io non sono affatto contro la Cina tout court. Faccio la ricercatrice. Come tu fai l’attore. Il lavoro di chi fa ricerca e’ scoprire e spiegare quello che non e’ evidente. Non penso affatto che altre potenze in Africa facciano meglio della
    Cina. Solo che io mi occupo di Cina. Se vogliamo mettere tutto in pillole: gli studiosi spiegano che la Cina non e’ ne’ meglio ne’ peggio di tutti i paesi che traggono profitti inauditi dall’Africa e ripropongono la dipendenza africana.

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