Mai andare dal cinese con un mal di denti

Roland Schirnmelpfennig, Der goldene Drache

Questa storia inizia la sua corsa nel 2009, quando il drammaturgo tedesco Roland Schimmelpfennig mette in scena Der goldene Drache, che ha esordito il 5 settembre 2009 al Wiener Akademietheater.

Lo spettacolo del drammaturgo tedesco si dipana come un mosaico di storie interconnesse, apparentemente casuali, ma intrinsecamente legate al destino di un giovane cuoco cinese clandestino.

Un giovane cinese con il mal di denti lavora illegalmente come lavapiatti. Non avendo un’assicurazione sanitaria, i suoi colleghi gli estraggono il dente dolorante con una chiave inglese. L’uomo muore dissanguato e viene gettato nel fiume.

Il suo atroce mal di denti – trascurato per paura di essere scoperto – funge da detonatore per svelare le dinamiche di sfruttamento, indifferenza e superficialità che permeano la nostra società multiculturale.

Nel 2011 Rabin Gray, direttore artistico della ATC (Actors Touring Company), presso il Tab Center, scopre il testo, lo fa tradurre in inglese e da lì parte una tournée internazionale, per le scene stupefacenti di Natasha Piper e il disegno luci brechtiano quanto basta di Stephen Andrews.

Nel 2014 il compositore Peter Eötvös chiede a Schimmelpfennig di adattare la sua storia in un libretto per opera, e la mette in musica: ne esce un’opera che ha esordito il 29 giugno 2014 a Francoforte sul Meno, con la regia di Elisabeth Stöppler, e viene rappresentata per dodici anni consecutivi.

Il palcoscenico si oscura, lasciando spazio a un’eco lontana, un lamento soffocato che presto si rivela essere il cuore pulsante del Drago d’Oro. In scena, un ristorante thailandese diventa l’epicentro di un dramma corale che seziona le ipocrisie e fragilità del nostro mondo globalizzato.

Ramin Gray, attento alla drammaturgia contemporanea, ha individuato in Schimmelpfennig un autore rapido, prolifico e socialmente consapevole. Ne è nata una collaborazione ancora attiva, come nel caso di Winter Solstice, sul tema delle destre estreme.

“Un drammaturgo britannico…” – con questa lunga riflessione, Gray ci offre uno sguardo sul teatro tedesco, dove forma e contenuto si intrecciano. Schimmelpfennig è un autore che mette in discussione i processi teatrali, figlio della tradizione del dramaturg tedesco.

Il risultato è un’opera intelligente, giocosa, che affronta il tema della migrazione con profondità simbolica, conducendo lo spettatore in una sala degli specchi.

L’opera stimola il pubblico, lo rende partecipe e invita a guardare gli attori come esseri umani, in un atto collettivo potente.

Schimmelpfennig non offre facili giudizi, ma un affresco impietoso della nostra quotidianità: cinismo, routinizzazione, idealismi frustrati, etichettamento dello straniero.

La genialità del testo sta nella sua forma frammentata e nel linguaggio asciutto. Gli attori si scambiano i ruoli in stile Brecht, creando un effetto straniante.

Accelerazioni oniriche, come quella del vecchio che vede la famiglia cinese nel vuoto del dente, rendono il testo visionario.

Il Drago d’Oro non consola, ma lascia una consapevolezza amara: siamo complici di un sistema che schiaccia i vulnerabili. Il mal di denti è metafora del dolore invisibile.

La domanda finale non è “cosa succederà?” ma “cosa possiamo fare?”.

L’opera di Schimmelpfennig è un monito potente, che ci mostra come la globalizzazione rischia di lasciare indietro le storie più urgenti e dolorose.

Il compositore ungherese Eötvös – classe 1944, scomparso nel marzo 2024 – nella sua riduzione lirica mette in scena cinque cantanti per venticinque ruoli, in una serie di vignette stilizzate.

Strumenti usati:
4 crotali, anche con arco
Vibrafono, anche con bacchetta (2x) e arco (2x)
7 Campane tubolari
gong glissante discendente
gong dell’opera cinese
Tam-tam Paiste 100–120 cm, anche con microfono
Piatto sospeso, anche con asta filettata, circa 4 mm
Piatto sfrigolante
Piatti tibetani

Nell’opera lirica di Péter Eötvös, il protagonista è un ragazzo (“il piccolo”, interpretato da una cantante soprano) che lavora come addetto lavapiatti al Golden Dragon senza permesso di soggiorno, permesso di lavoro o assicurazione sanitaria. A causa della mancanza di documenti (non esiste nel sistema), non può andare dal medico per il mal di denti, quindi i suoi colleghi gli estraggono il dente con una chiave inglese. Ma muore dissanguato, il suo corpo viene gettato nel fiume e intraprende un lungo viaggio verso nord in mare. Questo viaggio è raccontato nel meraviglioso monologo “Viaggio nell’acqua”. Il corpo viene trasportato sempre più lontano dall’acqua, i pesci ne mangiano la carne e passano due anni prima che lo scheletro arrivi in Cina, dove poi esclama: “Cina, Cina. Sono qui, sono quasi a casa, è stato un lungo viaggio, è stato un viaggio molto lungo. E che aspetto ho? Ormai non sono altro che ossa“. Il passaggio dalla realtà ingenua – dal mal di denti – al punto in cui il cadavere stesso parla: “Sono solo uno scheletro” è una qualità profondamente impressionante dell’opera. Il dente è simbolo di dolore, impotenza e disperazione. Solo una hostess reagisce con sensibilità quando vede il dente, ma alla fine anche lei lo getta in acqua. Gli elementi comici catturano il pubblico con il loro umorismo, ma gli uppercut finali lo lasciano steso, a riflettere sulle radici non del dente, ma del male.

Dove leggerlo:
Roland Schimmelpfennig, Der goldene Drache,‎ Foscher Taschenbuch, 20112
ISBN-10: ‎359619251X
Oppure nella traduzione inglese:
THE GOLDEN DRAGON by Roland Schirnmelpfennig translated by David Tushingham
First published in 2011 by Oberon Books Ltd
521 Caledonian Road, London N1 9RH
Tel: +44 (0) 20 7607 3637 / Fax: +44 (0) 20 7607 3629
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Copyright © S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main, 2008

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