Ospitiamo nel nostro blog un contributo di Alessandro Peterlini, più volte nella nazionale azzurra di ping pong e varie volte campione italiano nel periodo della famosa “Diplomazia del ping pong”
VIVA LA CINA!
Per me la Cina ha sempre significato “pingpong”, sport del quale negli anni ’70 sono stato 5 volte campione d’Italia e decine di volte (non le ho mai contate) azzurro.
Autodidatta, e di un’Italia in cui il pingpong è sempre stato sport di nicchia, pur essendomi impegnato al massimo sono arrivato ad essere un medio giocatore internazionale, un outsider, ben lontano dai poderosi cinesi che ai miei tempi si chiamavano Chuang Tse Tung, Li Fu Jung, Hsi En Ting, Li Ching Kuang, Huang Liang, Liang Ke Liang, Guo Yuehua…
Cina, Svezia, Jugoslavia, Russia e Giappone erano le nazioni più forti…oggi quella ranking list è alquanto cambiata ma la Cina ha ulteriormente consolidato il suo status di nazione-leader, sia nel maschile sia nel femminile: salvo rarissime occasioni, è pressoché imbattibile.
Sul mio stretto rapporto con il pingpong durato anni e decenni (in seguito divenni un dirigente della federazione olimpica di questo sport) ho anche scritto un libro, “I love pingpong and I am not Chinese” presentato tramite webinar nel novembre ’21, a 50 anni esatti dall’arrivo a Roma del dreamteam cinese sull’onda della storica Diplomazia del Pingpong voluta da Mao e Nixon. Avevo nemmeno 17 anni, da pochi mesi ero entrato a far parte della squadra nazionale italiana assoluta e vissi dal vivo quell’evento.
In seguito non mi capitò mai di trovarmi davanti un fortissimo cinese in gara ufficiale, tranne una volta in cui, 1976, ne affrontai uno naturalizzato brasiliano, da anni campione incontrastato del Sudamerica…riuscii a fare una gran partita e lo battei.
Mi inorgoglisce anche il fatto che l’unica vittoria dell’Italia sulla Cina, agli Open di Israele ’95, sia stata conseguita dal poderoso cinese naturalizzato azzurro Yang Min assieme a Cristian Mersi mio ex allievo: da teenager aveva mosso i primi passi pongistici in una squadretta giovanile da me fondata a Trieste.
Penso che dopo quell’unica affermazione dell’Italia sulla Cina non ce ne sarà mai più un altra.
Quanto a “come si vive in Cina” so ben poco. Conosco però un importante dirigente d’azienda che ci andò una ventina d’anni fa per lavoro e che in seguito, dopo la pensione, ha preferito rimanere là.
Qui in Italia molti “temono” lo stile di vita cinese, una sua presunta rigidezza, una supposta severità verso i cittadini.
Io invece, dato che la Cina ha fatto passi da gigante mentre l’Italia negli ultimi decenni è fortemente decaduta, ritengo che là il Paese tutto, e soprattutto le sue classi dirigenti, abbiano lavorato assai meglio che qua.
E, se non fosse per le difficoltà legate alla lingua, confesso che passare dei periodi in Cina non mi dispiacerebbe affatto.
Marco Wong è nato a Bologna, da una famiglia originaria della Cina. I nonni materni erano emigrati sul finire degli anni cinquanta in Europa, aprendo un laboratorio di pelletteria.
Scrittore e ingegnere.
Attualmente vive a Roma ed è presidente onorario di Associna (Associazione dei cinesi di seconda generazione). Dal 2019 è consigliere comunale a Prato.
Facebook: https://www.facebook.com/marcowongitaly
E’ sempre bello vedere come lo sport unisce e fa incontrare realtà diverse! Mi piacerebbe saperne di più sulla “diplomazia del ping-pong”. Si riferisce ai primi contatti fra USA e Cina comunista?
Sì, esattamente, l’incontro tra la squadra USA e quella cinese che propiziò i successivi incontro diplomatici tra le due nazioni.